La Startup Factory in Valtellina che lancia talenti in Silicon Valley [Episodio #76]
Descrizione
Oggi parliamo di un concetto che come il nostro ecosistema vuole promuovere il Made in Italy crede fortemente nel talento di casa nostra e soprattutto nel talento del tech, che associa la famosissima Silicon Valley alle nostre bellissime Alpi e insomma è tanta roba. Oggi quindi parliamo con Liquid Factory che è un gruppo di imprenditori che hanno creato aziende liquide, ossia aziende al 100% da remoto nella Silicon Valley con un obiettivo, ed è quello di aiutare le prossime generazioni o le generazioni attuali, di imprenditori ad approdare con successo nella patria del tech, la Silicon Valley. Sarà sicuramente una puntata ricchissima di contenuti e di tutto questo oggi ne parleremo con uno dei suoi partner, Fabrizio Capobianco.
Liquid Factory è una fabbrica di start-up situata in Valtellina, nelle Alpi italiane. Ha raccolto 4 milioni di euro dalla Banca Popolare di Sondrio, con l’obiettivo di creare 20 nuove start-up. L’iniziativa attira talenti italiani e internazionali per creare aziende “liquide”, ovvero completamente remote, destinate al mercato della Silicon Valley. Gli imprenditori trascorrono dai 3 ai 12 mesi in Valtellina, lavorando con Liquid Factory per prepararsi a partecipare a incubatori come Y Combinator in Silicon Valley, seguendo così un percorso che va dalla Valtellina alla Silicon Valley, come quello vissuto da Fabrizio Capobianco stesso.
Fabrizio, racconta la sua esperienza personale e professionale, partendo dalla Valtellina, una valle bellissima, ma priva di opportunità legate alla sua passione per il software. Dopo aver studiato ingegneria e completato un dottorato a Pavia, ha fondato la sua prima azienda, Internet Graffiti, con l’idea che Internet avrebbe avuto un grande impatto. A soli 23 anni, pur senza molta esperienza, ha avuto successo e ha avviato una seconda azienda dedicata all’intranet aziendale. Nel 1999, Capobianco ha deciso di trasferirsi nella Silicon Valley per competere con i migliori nel settore del software. Durante la sua esperienza in Silicon Valley, ha lavorato per Tipco, contribuendo al lancio della piattaforma per il trading online e, nel 2002, ha fondato la sua azienda, Funambol, con ingegneri italiani e capitali americani. Ha scoperto che gli ingegneri italiani erano tecnicamente più bravi di quelli incontrati in Silicon Valley, ma la difficoltà stava nella loro riluttanza a spostarsi rapidamente come fanno i colleghi americani. Per risolvere questo problema, Capobianco ha fondato la sua quarta azienda, TalkTV, con una struttura completamente remota, assumendo sviluppatori ovunque si trovassero in Italia, da Ragusa a Roma, Sardegna e Milano. TalkTV, un’applicazione per guardare partite di calcio con gli amici, è cresciuta fino a 40 milioni di utenti e ha collaborato con club come Juventus e Barcellona, per poi essere venduta a una società della Silicon Valley. Attualmente, Capobianco lavora come Chief Innovation Officer nella Silicon Valley e, attraverso la sua iniziativa Liquid Factory, vuole restituire ciò che ha imparato. Promuove l’importanza del “give back”, ovvero di restituire ciò che si è ricevuto, e incoraggia a pensare in grande, facendo cose che possono cambiare il mondo, senza limitarsi a piccoli progetti.
Si è anche trattato la difficoltà che le startup italiane affrontano rispetto a quelle della Silicon Valley, con un focus sul problema delle “exit”. Mentre in Italia oggi è più facile trovare capitali rispetto al passato, manca ancora un ecosistema che favorisca le exit, ossia la fase in cui gli investitori recuperano il loro investimento e i fondatori guadagnano. In Italia, le startup spesso diventano piccole e medie imprese (PMI) senza ambizioni di crescita o acquisizioni, e i giovani imprenditori, per paura del fallimento, preferiscono continuare con progetti mediocri piuttosto che rischiare di chiudere e ricominciare da capo. In Silicon Valley, invece, il fallimento è considerato parte integrante del percorso imprenditoriale, e chi fallisce spesso riceve ancora più fiducia e capitali, avendo imparato dagli errori precedenti. In Italia, però, fallire è visto come una sconfitta personale, il che porta molti a mantenere in vita progetti che non hanno futuro. Liquid Factory, con il suo programma di investimenti per 20 startup nei prossimi cinque anni, vuole rompere questo schema, offrendo 200.000 euro a startup italiane con l’aspettativa che la maggior parte fallisca. L’obiettivo è far fallire rapidamente le idee deboli e permettere agli imprenditori di iniziare nuovi progetti, imparando dai loro errori.
Liquid Factory ha lanciato un’iniziativa rivolta ai talenti imprenditoriali per creare startup innovative. Sul sito web c’è una sezione chiamata “Apply”, dove chi desidera partecipare deve rispondere a delle domande e inviare un video di un minuto per spiegare perché vuole far parte del programma. L’obiettivo è preparare le startup per candidarsi all’acceleratore Y Combinator, uno dei più importanti al mondo. Durante il programma, i partecipanti lavoreranno intensamente per sviluppare l’idea in tre mesi, cercando di ottenere l’attenzione dell’acceleratore.
Liquid Factory offre 200.000 euro per startup con una valutazione iniziale di un milione, anche se l’impresa non è ancora operativa. L’ambiente è stimolante: oltre al lavoro, i partecipanti potranno anche godere delle attività all’aperto, come lo sci, in una località montana suggestiva. L’iniziativa cerca persone con grande determinazione, disposte a provare anche idee folli, con l’obiettivo di cambiare il mondo. Se una prima idea non funziona, ci sarà la possibilità di riprovare con un’altra, finché ci saranno fondi disponibili. Liquid Factory punta a formare imprenditori che possano competere su scala globale e portare l’Italia a emergere, dato che negli ultimi anni nessuna startup italiana è stata accettata da Y Combinator.
Al momento ci sono già oltre 40 domande e probabilmente ce ne saranno più di 100, ma alla fine verranno scelti solo i quattro migliori candidati. Si consiglia di prendersi il tempo per fare una buona domanda, perché sarà cruciale per essere selezionati. Tra le 100 domande, 60-70 verranno eliminate subito, mentre le restanti 20-30 riceveranno un feedback dettagliato per spiegare perché sono state accettate o rifiutate. Questo feedback sarà utile per migliorare in vista del prossimo ciclo di selezione che avverrà a giugno.
per più info: www.theliquidfactory.com
Per la rubrica 4 domande a razzo:
🏆 Miglior consiglio che ti hanno dato: “assumere solo A players” la cosa più importante, non c’è niente più importante del team. Poi le persone, brutalmente detta l’americana, si distinguono in A players, B players e C players. Se assumi A players, cioè i giocatori di serie A, questi assumono dei giocatori Serie A, perché il messaggio più forte è assumi gente più brava di te. Quando assumi un B player, il B player per tendenza assume un C player, perché non vuole essere sfidato da uno più bravo.
📚 Libro che stai leggendo: “The Art of Happiness,” di The Dalai Dama. È un libro illuminante per capire qual è la direzione giusta. Se fai una cosa che ti piace, se ti comporti bene col prossimo, poi alla fine ci arrivi e ci arrivi anche come imprenditore. Sdoganiamo l’idea che della Silicon Valley ogni tanto che l’imprenditore deve essere poco umano. Fare l’imprenditore è una roba che sembra molto bella ma è una fatica bestiale in cui per 360 giorni prendi sberle, bastonate e 5 giorni buoni all’anno.
🚀 La caratteristica che dovrebbe avere un CEO: “L’umiltà” Perché l’umiltà vuol dire sapere che c’è gente più brava di te. Sapere che non sai tutto. Il sapere di non sapere è una fondamentale caratteristica perché vuol dire che hai con la curiosità di imparare e di ascoltare.
💡 La tua frase ispirazionale: “I do what I love and I love what I do” la trobate anche sul mio Linkedin. Per me è il modo con cui vivo. Io faccio solo cose che mi piacciono. Non ho mai fatto una scelta per soldi. I soldi li ho sempre fatti alla fine perché arrivavano in modo diverso.
Guarda il video del podcast
- Fabrizio Capobianco | CEO – Liquid Factory
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